Attenzione: le mie piccole creature sono bambole da collezione e sono create al solo scopo di essere messe in mostra. Esse non sono giocattoli. A causa della loro natura delicata, non dovrebbero essere utilizzate per giocare.

giovedì 19 gennaio 2012

In vena di confessioni

Sono stata anoressica. In un certo senso lo sono ancora. Suppongo che una parte di me lo sarà sempre.
Questo è il punto. Il punto è che l'anoressia, prima di essere una malattia, è un pensiero... subdolo, strisciante.
Il pensiero della magrezza che si sveglia con me ogni mattina, mi accompagna durante tutta la giornata e mi da il bacio della buona notte quando me ne vado a dormire.
Da ragazzina sfogliavo le riviste di moda e i miei occhi indugiavano sulle ossute ginocchia delle modelle "stampelle" poi si spostavano sulle mie "cicciotte" gambe che quasi sembravano inghiottirle le ginocchia.
I miei strumenti di tortura? Lo specchio, nemico acerrimo, che rifletteva un'immagine che odiavo e la bilancia che, come un nefasto oracolo, mi dava il suo austero responso due volte al giorno.
Sono stata una ragazzina in carne, una come tante e come tante ho vissuto un'adolescenza "normale".
Potrei dire, a posteriori, che ho sofferto di carenza di affetto, carenza che forse ho solo immaginato. Potrei affermare, ora, che la paura di crescere è stata la molla che ha fatto scattare il meccanismo di autodistruzione che sta alla base dell'anoressia.
La verità, quella vera, è che alla base c'è il controllo.
E' impossibile controllare gli eventi della vita che scorre con le sue inesorabili vicissitudini. Impensabile e inattuabile, per me, è sempre stato controllare le emozioni. Passo dalla frustrazione rabbiosa alla felicità con la velocità di una gazzella che fugge dal leone. Ogni stato d'animo che vivo lo vivo con un'amplificazione in dolby surround e non sono mai stata capace di proteggermi dai dolori come dalle gioie sentendomi costantemente in pericolo, in balia di spaventose sensazioni che intaccavano la mia psiche... psiche troppo fragile probabilmente. E gioie e dolori, allo stesso modo, incontrollabili, inevitabili, hanno plasmato la mia vita.
Non riuscendo a gestire le mie reazioni emotive ho iniziato, pian piano, a controllare il mio corpo. Non posso dire quando, con esattezza, tutto è iniziato. Posso dire, però, che concentrarmi sulla costruzione del corpo che volevo ha spostato il problema dal mio interno al mio esterno.
Alla fine, focalizzare il punto sull'involucro anziché sul suo contenuto ha funzionato poco e male. Le emozioni che per lungo tempo ho ignorato devono aver capito che per riaffiorare alla luce dovevano passare attraverso il corpo e così hanno fatto guadagnandosi la strada verso l'uscita a colpi di malanni fino a sfociare in una vera e propria malattia fisica che è andata a sommarsi alla mia già estrema magrezza. La chiamano malattia psicosomatica, il Crohn.
E allora eccomi qui. Dopo anni di autolesionismo e anni di psicoterapia e cure mediche (ad oggi più dannose della malattia) eccomi qui. Sto cercando di sopravvivere a me stessa, sto cercando di vedermi come persona intera, fatta di corpo e anima. Eccomi qui, caparbia, forse più forte. Eccomi qui a cercare di fare passi avanti, ora un po' più capace di sorridere delle mie debolezze, provando a sopportare le sette fatiche di Ercole, ribelle, sicuramente difettosa, sto imparando ad amarmi e a "sfanculare" tutto il resto. Cresciuta, ingrassata, fisicamente provata.
Affronto tristezza, gioia, rabbia, confusione e spesso ancora cado ma trovo la forza di rialzarmi.
Suppongo che una parte di me resterà sempre fragile. Non so se sarò mai in grado di abbandonare quel pensiero ma oggi posso dire che riesco a controllarlo.
Jenny

Nessun commento:

Posta un commento